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Circolare Agenzia delle Entrate n. 19/E del 1 Marzo 2001

PARTE PRIMA
Disciplina del beneficio del credito d’imposta relativo ai trasferimenti
immobiliari “prima casa”.
1.1. Generalità
1.2. Ambito di applicazione del credito d’imposta
1.3. Modalità di richiesta del credito
1.4. Determinazione del credito
1.5. Utilizzo del credito
1.6. Prescrizione
1.7. Decadenza dai benefici tributari
PARTE SECONDA
Disciplina della agevolazione “prima casa” ai fini delle imposte indirette
Premessa . Requisiti
2.1.1. Oggetto del trasferimento
2.1.2. Ubicazione degli immobili trasferiti
2.1.3. Titolarità di diritti su immobili da parte dell’acquirente
2.2. Soluzione di casi particolari
PARTE PRIMA
Disciplina del beneficio del credito d’imposta relativo ai trasferimenti
immobiliari “prima casa”.
1.1 Generalità
L’art. 7, commi 1 e 2, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, recante “Misure di
finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo”, ha previsto, a decorrere
dal 1° gennaio 1999, l’attribuzione di un credito d’imposta a favore di coloro
che, alienato un immobile acquistato usufruendo delle agevolazioni “prima casa”
ai fini dell’imposta di registro o dell’IVA, provvedano ad acquisire a qualsiasi
titolo, entro un anno dalla alienazione, altra casa di abitazione non di lusso,
ricorrendo nuovamente le condizioni per essere considerata “prima casa”, di cui
all’art. 1 della tariffa, parte prima, allegata al testo unico delle
disposizioni concernenti l’imposta di registro, approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131.
Al riguardo si ricorda, con riferimento all’imposta di registro, che
l’agevolazione fiscale per l’acquisto della c.d. “prima casa” è stata posta a
regime dall’art. 16 del decreto legge 22 maggio 1993, n. 155, convertito con
modificazioni dalla legge 19 luglio 1993, n. 243, ed è attualmente regolata
dalla nota II-bis) all’art.1 della tariffa parte prima del citato testo unico
dell’imposta di registro, come sostituita, a decorrere dal 1° gennaio 1996,
dall’art. 3, comma 131, della legge 28 dicembre 1995, n. 549.
Con decorrenza 1° gennaio 2000, inoltre, l’aliquota agevolata dell’imposta di
registro è stata ridotta dal 4% al 3% (art. 7, comma 6, della legge 23 dicembre
1999, n. 448), mentre quella ordinaria è stata ridotta dall’8% al 7% (art. 7,
comma 7, della legge n. 448 del 1999).
Di seguito si riportano gli estremi delle norme che in precedenza hanno
disciplinato l’agevolazione in argomento:
- art. 1 della legge 22 aprile 1982, n. 168;
- art. 2 del decreto legge 7 febbraio 1985, n. 12, convertito con modificazioni
dalla legge 5 aprile 1985, n. 118;
- art. 3, comma 2, della legge 31 dicembre 1991, n. 415;
- art. 5, commi 2 e 3, dei decreti-legge 21 gennaio 1992, n. 14; 20 marzo 1992,
n. 237; 20 maggio 1992, n. 293;
- art. 2, commi 2 e 3, del decreto legge 24 luglio 1992, n. 348;
- art. 1, commi 2 e 3, del decreto legge 24 settembre 1992, n. 388;
- art. 1, commi 2 e 3, del decreto legge 24 novembre 1992, n. 455;
- art. 1, comma 2, del decreto legge 23 gennaio 1993 n. 16, convertito, con
modificazioni, dalla legge 24 marzo 1993, n. 75;
1.2 Ambito di applicazione del credito d’imposta
Il credito d’imposta, determinato secondo i principi esplicati al paragrafo 1.4,
è un credito personale. Esso, infatti, compete al contribuente che, al momento
dell’acquisizione agevolata dell’immobile, abbia alienato da non oltre un anno
la casa di abitazione da lui stesso acquistata con l’aliquota agevolata prevista
ai fini dell’imposta di registro o dell’IVA dalle norme che si sono succedute e
che sono state sopraindividuate.
Pertanto, un soggetto che abbia alienato un’abitazione pervenutagli per atto di
donazione o successione, ancorché sia stata a suo tempo acquistata dal donante o
dal de cuius con le agevolazioni prima casa, non potrà avvalersi del beneficio
in commento.
A tale proposito si precisa che per “alienazione” deve intendersi non solo il
trasferimento a titolo oneroso ma anche il trasferimento a titolo gratuito
disposto per atto di donazione.
In tal senso si è già espressa la circolare n. 7/E del 16 marzo 1994, sia pure
per diversa materia, e, del resto, anche l’interpretazione sistematica perviene
ad identiche conclusioni. La norma agevolativa c.d. “prima casa”, infatti,
prevede la decadenza dal beneficio sia per i trasferimenti degli immobili a
titolo oneroso che per quelli a titolo gratuito che intervengano prima del
decorso del termine di cinque anni dal loro acquisto (comma 4 della nota II-bis)
all’art. 1 della tariffa, parte prima, del citato testo unico dell’imposta di
registro).
Si rileva, infine, che il credito compete anche nell’ipotesi in cui, in presenza
di tutte le condizioni, il soggetto acquisisca un’altra abitazione mediante
permuta, con le precisazioni riportate al paragrafo 1.4, o mediante contratto di
appalto, atteso che la norma agevolativa prevede che l’acquisto dell’immobile
possa avvenire a qualsiasi titolo.
Da quanto suesposto consegue che il credito d’imposta non compete a coloro che:
abbiano alienato un immobile acquistato con l’aliquota? ordinaria, senza fruire
della agevolazione c.d.“prima casa”;
abbiano? alienato un immobile pervenuto per successione o donazione;
acquisiscano? un immobile non avente le caratteristiche richieste dall’art. 1,
della tariffa, parte prima, del testo unico dell’imposta di registro e in
assenza delle condizioni enunciate dalla nota II-bis) allo stesso art. 1;
quindi, coloro che nell’acquisto dell’immobile non usufruiscono ovvero decadono
dal beneficio della aliquota agevolata;
coloro nei cui confronti, per il precedente acquisto,? non sia stata
confermata, in sede di accertamento, l’agevolazione c.d.“prima casa” sulla base
della normativa vigente alla data dell’atto, ancorché sia pendente un
procedimento contenzioso sulla specifica questione; il perfezionamento della
fattispecie giuridica che consente il riconoscimento del credito non risulta in
tale ipotesi completamente realizzato, intervenendo soltanto con il passaggio in
giudicato della sentenza che conclude il giudizio instaurato. In caso di
giudicato favorevole, il contribuente avrà diritto al rimborso, entro i limiti
del credito medesimo, qualora abbia chiesto di utilizzarlo per il pagamento
della imposta di registro dovuta sul secondo acquisto oppure potrà utilizzarlo
negli altri modi previsti dalla legge.
Un chiarimento va effettuato con riferimento alla ipotesi in cui l’immobile
alienato sia stato assoggettato ad IVA al momento dell’acquisto. Al riguardo,
infatti, occorre tener conto della normativa previgente ai fini IVA in materia
di trasferimenti di immobili abitativi.
Anteriormente al 22 maggio 1993, data di entrata in vigore del decreto legge 22
maggio 1993, n. 155, convertito dalla legge 19 luglio 1993, n. 243, l’aliquota
IVA agevolata (2%, elevata al 4% dal 1° gennaio 1989 dal decreto legge 2 marzo
1989, n. 69, convertito dalla legge 27 aprile 1989, n. 154) era applicabile alle
realizzazioni ed alle cessioni di tutti i fabbricati abitativi di nuova
costruzione di cui all’art. 13 della legge 2 luglio 1949, n. 408, effettuate da
imprese costruttrici, indipendentemente dalla condizione che detti immobili
costituissero la c.d. “prima casa” per l’acquirente.
A tale principio di carattere generale facevano eccezione le cessioni degli
immobili abitativi non di lusso, effettuate da soggetti diversi dalle imprese
costruttrici e quelle degli immobili aventi la stessa tipologia edificati prima
del 18 luglio 1949. Queste operazioni erano assoggettate all’aliquota IVA
ridotta (2%, elevata successivamente al 4%) solo se effettuate nei confronti di
persone fisiche nei termini ed alle condizioni indicate nell’art. 2, primo
comma, del decreto legge 7 febbraio 1985, n. 12, convertito nella legge 5 aprile
1985, n. 118, concernente le agevolazioni fiscali per l’acquisto della
c.d.“prima casa”.
Soltanto in seguito all’entrata in vigore del citato decreto legge n. 155 del
1993 è stata prevista, in linea generale, analogamente a quanto disposto ai fini
dell’imposta di registro, l’applicazione dell’aliquota del 4% alle cessioni di
tutti gli immobili abitativi non di lusso, in presenza delle condizioni
stabilite dalla nota II-bis) all’art. 1 della tariffa, parte prima, del più
volte richiamato testo unico dell’imposta di registro.
Da quanto sopra esposto risulta evidente che i soggetti che hanno acquistato la
propria abitazione da imprese costruttrici sulla base della normativa vigente
fino al 22 maggio 1993, non hanno formalmente usufruito delle agevolazioni c.d.
“prima casa”, presupposto al quale l’art. 7, comma 1, della legge n. 448 del
1998 subordina l’attribuzione del credito d’imposta.
Si deve ritenere, tuttavia, che tale circostanza non precluda il diritto al
beneficio qualora l’acquirente dimostri che alla data di acquisto dell’immobile
alienato era comunque in possesso dei requisiti richiesti dalla normativa
vigente in materia di acquisto della c.d. “prima casa”.
Ed infatti il mancato riconoscimento, in tali casi, del credito d’imposta
provocherebbe una disparità di trattamento fiscale in relazione a situazioni di
fatto omogenee.
Ovviamente la dichiarazione di essere stato in possesso dei requisiti prescritti
per godere dell’agevolazione c.d. “prima casa” in relazione all’immobile
alienato, secondo le norme vigenti alla data dell’acquisto, essendo condizione
essenziale per il riconoscimento del credito d’imposta, deve essere resa
nell’atto di acquisto dell’immobile per il quale il credito è concesso e
supportata da idonea documentazione, da presentare all’atto della registrazione.
Ciò al fine di rendere più spedita l’azione verificatrice degli uffici in
quanto, nell’ipotesi in esame, si rende necessario accertare non solo la
spettanza del credito d’imposta in relazione a tutte le condizioni previste
dalla relativa disposizione istitutiva, ma anche il diritto alla agevolazione
c.d. “prima casa” in relazione all’immobile alienato. Qualora la sussistenza di
tale diritto non sia confermata, non si procederà al recupero della maggiore
imposta in relazione all’acquisto dell’immobile alienato, atteso che l’aliquota
IVA ridotta era stata applicata ad altro titolo, ma verrà negato il beneficio
del credito d’imposta.
Ovviamente il predetto credito non spetta nelle ipotesi in cui l’immobile
alienato sia stato acquistato anteriormente all’introduzione nell’ordinamento
della normativa agevolativa c.d. “prima casa” prevista dalla legge 22 aprile
1982, n. 168.
Quanto precisato concerne anche le ipotesi in cui l’immobile alienato sia stato
acquisito tramite contratto d’appalto o abbia costituito oggetto di assegnazione
da parte di cooperativa edilizia - non sussistendo, in passato, per tali casi
una specifica agevolazione c.d. “prima casa”, introdotta, infatti, per i
contratti di appalto aventi ad oggetto immobili abitativi, dal citato decreto
legge n. 155 del 1993 e, per le cooperative edilizie, dal decreto legge 30
dicembre 1993, n. 557, convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio
1994, n. 133.
Qualora il secondo immobile agevolato venga acquistato mediante contratto
d’appalto, nella specifica ipotesi in esame in cui in relazione all’acquisto
dell’immobile alienato l’aliquota IVA ridotta non era stata applicata in virtù
della normativa c.d. “prima casa” ma ad altro titolo, pur sussistendo per
l’acquirente le condizioni soggettive richieste a tale fine, per poter usufruire
del credito d’imposta si rende necessario che il contratto di appalto sia
stipulato in forma scritta e registrato ai sensi dell’art. 5, comma 2, del più
volte richiamato testo unico dell’imposta di registro. Ciò al fine di poter
dichiarare in tale sede che in relazione all’immobile alienato sussistevano le
condizioni soggettive che avrebbero consentito l’applicazione delle agevolazioni
c.d. “prima casa”.
1.3 Modalità di richiesta del credito
Per usufruire del credito d’imposta di cui al più volte citato art. 7, commi 1 e
2, della legge n. 448 del 1998 è necessario che il contribuente manifesti la
propria volontà, specificando se intende o meno utilizzare lo stesso in
detrazione dall’imposta di registro dovuta per lo stipulando atto.
Tuttavia, qualora in atti di trasferimenti già formati non sia stata espressa
alcuna volontà al riguardo, sarà ritenuta valida la scelta già operata dal
contribuente.
Pertanto, l’atto di acquisto dell’immobile dovrà contenere, oltre alle
dichiarazioni previste dalla nota II-bis) all’art.1 della tariffa, parte prima,
del testo unico della imposta di registro, lettere b) e c), l’espressa richiesta
del beneficio in argomento e dovrà indicare gli elementi necessari per la
determinazione del credito. Sarà, pertanto, necessario:
- indicare gli estremi dell’atto di acquisto dell’immobile sul quale era stata
corrisposta l’imposta di registro o l’IVA in misura agevolata nonché l’ammontare
della stessa;
- nel caso in cui per l’acquisto del suddetto immobile era stata corrisposta
l’IVA ridotta in assenza della specifica agevolazione c.d. “prima casa”, rendere
la dichiarazione di sussistenza dei requisiti che avrebbero dato diritto a tale
agevolazione alla data dell’acquisto medesimo;
- nell’ipotesi in cui risulti corrisposta l’IVA sull’immobile alienato, produrre
le relative fatture;
- indicare gli estremi dell’atto di alienazione dell’ immobile.
Qualora l’acquisto del secondo immobile agevolato avvenga mediante contratto
d’appalto si ricorda che, per poter fruire del credito d’imposta, è necessario
che il contratto d’appalto sia redatto in forma scritta e registrato e contenga
le indicazioni sopra precisate.
1.4 Determinazione del credito
L’importo del credito d’imposta è commisurato all’ammontare dell’imposta di
registro o dell’IVA corrisposta in relazione al primo acquisto agevolato e, in
ogni caso, non può essere superiore alla imposta di registro o all’IVA
corrisposta in relazione al secondo acquisto; il credito, pertanto, ammonta al
minore degli importi dei tributi applicati (es.: se il contribuente ha
corrisposto un’imposta di lire 4.000.000 sul primo acquisto e di lire 3.000.000
sul nuovo acquisto il credito è pari a lire 3.000.000).
Con riferimento all’imposta di registro relativa sia al primo che al secondo
acquisto agevolato, occorre ovviamente tenere conto non solo dell’imposta
principale ma anche dell’eventuale imposta suppletiva e complementare di maggior
valore.
Con riferimento, invece, all’IVA, occorre fare riferimento all’imposta indicata
nella fattura relativa all’acquisto dell’immobile alienato nonché agli importi
indicati nelle fatture relative al pagamento di acconti. Nel caso in cui
l’immobile alienato sia stato acquisito mediante appalto, ai fini della
determinazione del credito d’imposta, deve essere considerata l’IVA indicata in
tutte le fatture emesse dall’appaltatore per la realizzazione dell’immobile.
È opportuno precisare che, trattandosi di un credito personale, qualora
l’immobile alienato o quello acquisito risultino in comunione, il credito
d’imposta deve essere imputato agli aventi diritto, rispettando la percentuale
della comunione. Ai fini della definizione dell’ammontare del credito, infatti,
non rileva il principio di solidarietà nell’obbligo di pagamento, di cui
all’art. 57 del più volte citato testo unico dell’imposta di registro.
Per completezza di argomento si ritiene utile stabilire le modalità di
determinazione del credito nell’ipotesi in cui l’acquisto dell’immobile alienato
o del nuovo immobile sia avvenuto con permuta soggetta all’imposta di registro.
Come noto l’art. 43, comma 1, lettera b), del testo unico dell’imposta di
registro stabilisce che, in caso di permuta, la base imponibile è costituita dal
valore del bene che dà luogo all’applicazione della maggiore imposta. Al fine di
determinare l’ammontare del credito d’imposta occorre, pertanto, quantificare in
proporzione la quota dell’imposta di registro corrisposta ascrivibile al bene
agevolato. A tal fine si formulano le seguenti ipotesi esemplificative.
A) Acquisto con permuta dell’immobile alienato
Il contribuente, anteriormente al 1° gennaio 2000, ha acquistato un immobile ad
uso abitativo permutando un terreno agricolo.
Per la casa, il cui valore era di lire 100.000.000, è stata calcolata l’imposta
di registro nella misura del 4% in virtù della agevolazione c.d. “prima casa”.
Per il terreno, il cui valore era di lire 50.000.000 è stata calcolata l’imposta
di registro nella misura del 15%.
Dal confronto delle due liquidazioni, risultando maggiore l’imposta relativa al
terreno, è stata corrisposta un’imposta di lire 7.500.000.
Per determinare l’imposta di registro da imputare all’abitazione si procede nel
modo seguente:
Imposta riferita all’abitazione:
lire 100.000.000 4% = lire 4.000.000
Imposta riferita al terreno:
lire 50.000.000 15% = lire 7.500.000
----------------------
Totale dei due tributi lire 11.500.000
7.500.000 : 11.500.000 = X : 4.000.000
4.000.000 x 7.500.000
X= ------------------------------------ = lire 2.610.000
11.500.000
La somma di lire 2.610.000 costituisce il credito d’imposta e pertanto
rappresenta il limite del credito nell’ipotesi in cui l’imposta corrisposta sul
nuovo acquisto risulti superiore.
B) Acquisto con permuta del nuovo immobile
A e B permutano due immobili ad uso abitativo acquistati precedentemente
usufruendo dell’agevolazione “prima casa” e devono l’imposta di registro pari a
lire 9.000.000.
L’imposta riferita all’immobile che acquista A è di lire 9.000.000
L’imposta riferita all’immobile che acquista B è di lire 6.000.000
-------------
Totale dei due tributi lire 15.000.000
Per determinare l’imposta di registro da imputare ad A si procede nel modo
seguente:
9.000.000 : 15.000.000 = A : 9.000.000
9.000.000 x 9.000.000
A = ------------------------------- = lire 5.400.000
15.000.000
Per determinare l’imposta di registro da imputare a B si procede nel modo
seguente:
9.000.000 : 15.000.000 = B : 6.000.000
9.000.000 x 6.000.000
B = -------------------------------- = lire 3.600.000
15.000.000
Gli importi di lire 5.400.000 e lire 3.600.000 costituiscono rispettivamente il
credito d’imposta per A e B nell’ipotesi in cui le imposte corrisposte sui
precedenti acquisti risultino superiori.
Se una delle due cessioni che danno luogo alla permuta è soggetta ad IVA, in
base agli articoli 11 e 13 del D.P.R. n.633 del 1972, non sarà necessario alcun
calcolo proporzionale in quanto il credito è costituito dal tributo corrisposto
da ciascun soggetto relativamente al singolo acquisto.
Si evidenzia che gli altri tributi indiretti dovuti sugli atti traslativi
immobiliari, diversi dall’imposta di registro e dall’IVA, non concorrono a
determinare l’ammontare del credito; infatti l’art. 7, comma 1, in commento
individua quali tributi che danno luogo al credito esclusivamente l’imposta di
registro o l’imposta sul valore aggiunto.
1.5. Utilizzo del credito
Preliminarmente si osserva che il legislatore ha puntualmente individuato le
imposte dalle quali è possibile portare in diminuzione l’intero importo del
credito; restano, pertanto, escluse le imposte indirette diverse da quelle di
registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni.
La volontà di utilizzare il credito (vedi paragrafo 1.3) deve essere manifestata
autonomamente da ogni interessato.
Il contribuente può utilizzare il credito portandolo in diminuzione dalla
imposta di registro dovuta per l’atto di acquisto che lo determina oppure può
utilizzarlo nei seguenti modi:
a) per l’intero importo in diminuzione dalle imposte di registro, ipotecarie e
catastali, sulle successioni e donazioni dovute sugli atti e sulle denunce
presentati dopo la data di acquisizione del credito;
b) in diminuzione dalle imposte sui redditi delle persone fisiche dovute in base
alla dichiarazione da presentare successivamente alla data del nuovo acquisto;
c) in compensazione delle somme dovute ai sensi del decreto legislativo 9 luglio
1997, n. 241.
Si precisa che in ogni caso il credito di imposta non dà luogo a rimborsi per
espressa disposizione normativa.
Con riferimento all’ipotesi di cui alla lettera a), si rileva che il legislatore
con la dizione “intero importo” ha voluto escludere la possibilità di utilizzare
il credito parzialmente e, quindi, portarlo in detrazione dalle imposte dovute
su più atti o denunce di successione, presentati all’ufficio competente per la
registrazione dopo la data di acquisizione del credito.
Al riguardo si precisa che la data di acquisizione del credito, ai fini
dell’imposta di registro, si individua nella data di stipula dell’atto relativo
al nuovo acquisto agevolato, anche se l’amministrazione finanziaria riconosce
l’applicabilità dell’agevolazione c.d. “prima casa” al momento della
registrazione, in quanto solo in tale momento perviene alla quantificazione del
credito.
Nell’ipotesi di acquisizione dell’immobile mediante contratto d’appalto il
diritto al credito d’imposta nasce al momento della consegna del bene
realizzato. In tale data dovrà anche essere dimostrato il possesso dei requisiti
richiesti per usufruire del beneficio c.d. “prima casa”, come precisato in
proposito nella circolare n. 1/E del 2 marzo 1994.
Relativamente all’imposta sulle successioni, si osserva che per poter utilizzare
il credito d’imposta il contribuente deve aver prodotto la dichiarazione di
successione al competente ufficio dell’amministrazione finanziaria dopo la data
di acquisizione del credito stesso.
A tale proposito si precisa che il contribuente deve espressamente manifestare
la volontà di avvalersi del credito con istanza da richiamare nella denuncia di
successione nella parte relativa ai documenti da allegare.
Il titolare del credito d’imposta potrà scontare l’importo del credito stesso
sia dalle imposte ipotecaria e catastale – autoliquidate ai sensi del decreto
legge 28 marzo 1997, n.79, convertito dalla legge 28 maggio 1997, n.140 – che
dall’imposta di successione, ad oggi ancora calcolata, sia in sede principale
che complementare o suppletiva, dal competente ufficio.
Resteranno, quindi, escluse l’imposta di bollo e la tassa ipotecaria, che sono
calcolate e versate direttamente dai contribuenti in virtù del citato decreto
legge n. 79 del 1997.
Ferme restando le osservazioni di carattere generale in ordine alla
personalizzazione del credito, si precisa che la richiesta di scomputo, se
avanzata da un solo erede, ha effetto liberatorio anche nei confronti degli
altri coeredi.
Infatti, anche in mancanza di una specifica previsione normativa, si ritiene di
poter pervenire a detta conclusione in virtù del principio dell’obbligazione
solidale espressamente previsto dall’art. 36 del testo unico dell’imposta sulle
successioni e donazioni, approvato con d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, nonché
alla luce di quanto disposto dall’art. 28 dello stesso testo unico con
riferimento alla dichiarazione di successione.
In particolare il comma 1 del citato art. 36 dispone che gli eredi sono
obbligati solidalmente al pagamento dell’imposta nell’ammontare complessivamente
dovuto da loro e dai legatari.
Il comma 4 del già richiamato art. 28 prevede, inoltre, che la dichiarazione di
successione non si considera omessa se presentata da uno solo dei soggetti
obbligati.
Le stesse considerazioni in materia di solidarietà valgono anche per l’imposta
di registro (art. 57 del testo unico dell’imposta di registro) e per gli altri
tributi ad essa collegati; e pertanto, qualora uno dei soggetti solidalmente
obbligati al pagamento delle suddette imposte soddisfi la pretesa fiscale
utilizzando il proprio credito, l'effetto liberatorio si estende anche ai
restanti coobbligati.
Nell’ipotesi in cui, dopo l’utilizzazione del credito, a seguito
dell’accertamento della base imponibile da parte dell’ufficio, l’ammontare dello
stesso dovesse risultare maggiore di quello già portato in diminuzione, il
contribuente potrà utilizzare la differenza in uno dei modi sopra specificati
previsti dalla norma, ciò in quanto al momento dell’utilizzo del credito questo
non era stato ancora determinato nel suo ammontare definitivo.
Qualora, invece, a seguito di accertamento l’agevolazione c.d. “prima casa”
venga revocata, si rinvia al successivo paragrafo 1.7.
In tutti i casi in cui il credito d’imposta sia utilizzato per il pagamento
dell’imposta di registro dovuta sullo stesso atto che lo ha determinato ovvero
per il pagamento delle imposte di registro, ipotecarie e catastali dovute su un
atto successivo, il contribuente deve versare una somma pari alla differenza tra
l’importo da corrispondere per la registrazione dell’atto e il credito
d’imposta.
Al riguardo è opportuno precisare che non si rende applicabile alla fattispecie
in esame il disposto dell’art. 41, comma 2, del più volte citato testo unico
dell’imposta di registro laddove prescrive “l’ammontare dell’imposta principale
non può essere in nessun caso inferiore alla misura fissa indicata nella
tariffa”. Pertanto, può accadere che l’importo da versare risulti inferiore a
lire duecentocinquantamila o può, altresì, verificarsi che nulla sia dovuto, ciò
in quanto le imposte dovute sull’atto sono comunque assolte con la compensazione
del credito in argomento.
A tale proposito si ribadisce quanto precedentemente affermato in merito alla
impossibilità di procedere al rimborso in tutto o in parte del credito, comunque
utilizzato. Sul credito, anche se non utilizzato subito, non maturano interessi
a favore del contribuente.
Come risulta dal testo normativo, il credito d’imposta non può essere utilizzato
per compensare l’IVA dovuta in relazione all’acquisto della nuova abitazione.
Tale imposta, pertanto, dovrà essere corrisposta al cedente o all’appaltatore
per l’intero importo indicato nella fattura relativa alla cessione o alla
realizzazione dell’immobile. Ciò in quanto, per effetto dei vincoli posti dalla
normativa comunitaria, concernente l’armonizzazione delle legislazioni IVA tra
gli Stati membri, non è consentito agli Stati disporre che per una cessione di
beni o una prestazione di servizi sia corrisposta un’imposta inferiore a quella
risultante dall’applicazione dell’aliquota, propria dei beni o dei servizi
medesimi, al corrispettivo dovuto secondo le pattuizioni contrattuali.
Con riferimento all’ipotesi di utilizzazione del credito in compensazione delle
somme dovute, si fa presente che il credito può essere compensato ai sensi
dell’art.17 del d.lgs. n. 241 del 1997 utilizzando il modello F24. In tal caso
il codice - tributo da utilizzare è il “6602”, che va esposto nella colonna
“importi a credito compensati” del modello F24, indicando, come periodo di
riferimento, l’anno in cui è sorto il credito nella forma AAAA.
Si sottolinea, inoltre, che non è operante per il credito in argomento il limite
massimo fissato dall’art. 25, comma 2, del d.lgs. n. 241 del 1997 per l’utilizzo
in compensazione dei crediti d’imposta e dei contributi.
Da ultimo appare opportuno fornire qualche precisazione in riferimento
all’ipotesi di decesso del titolare del credito d’imposta anteriormente alla sua
utilizzazione.
In tale fattispecie, in mancanza di una espressa previsione normativa, si
ritiene che, per quanto riguarda la possibilità di considerare il credito
d’imposta quale componente attivo dell’asse ereditario costituitosi a seguito
della morte del titolare, occorra far riferimento ai principi generali che
regolano l’imposta di successione e precisamente all’articolo 12, lettera e),
del testo unico citato concernente il trattamento dei crediti verso lo Stato.
Qualora il titolare del credito muoia prima della sua utilizzazione, il credito
è, pertanto, trasferito mortis causa agli eredi che lo possono utilizzare nei
modi indicati alle lettere a), b) e c).
1.6 Prescrizione
Con riferimento all’utilizzazione del credito nel pagamento dell’imposta di
registro, ipotecaria e catastale nonché dell’imposta sulle successioni e
donazioni dovute sugli atti e denunce presentati successivamente alla data di
acquisizione del credito, si evidenzia che tale diritto si prescrive nel termine
di dieci anni, in quanto, in mancanza di una specifica previsione normativa, si
applica la prescrizione ordinaria di cui all’art. 2946 del codice civile; la
prescrizione inizia a decorrere dalla data in cui sorge il credito d’imposta.
Il suddetto principio non è estensibile, invece, alle ipotesi in cui venga
esercitata l’opzione di utilizzare il credito in diminuzione dell’imposta sul
reddito delle persone fisiche dovuta in base alla dichiarazione da presentare
successivamente alla data del nuovo acquisto.
Il tenore letterale della disposizione di cui al comma 2 dell’art. 7 della legge
n. 448 del 1998 non consente, infatti, altra interpretazione se non quella che
il diritto di credito può essere esercitato solo ed esclusivamente in sede di
presentazione della prima dichiarazione successiva alla data di acquisto.
1.7 Decadenza dai benefici tributari e sanzioni
In via preliminare occorre considerare che in tanto compete il credito d’imposta
in quanto compete il beneficio c.d. “prima casa”; la decadenza da tale
agevolazione comporta, pertanto, sia il recupero delle imposte ordinarie sugli
atti di trasferimento che il recupero del credito eventualmente utilizzato.
A tale proposito appare utile esaminare le problematiche afferenti la decadenza
dal beneficio dell’aliquota agevolata prevista per l’acquisto della c.d. “prima
casa”.
La nota II-bis) all’art.1 della tariffa, parte prima, del testo unico
dell’imposta di registro, al comma 4, disciplina, come meglio precisato nella
parte seconda della presente circolare, le condizioni necessarie per usufruire
dell’agevolazione nonché la decadenza dalla stessa; tra l’altro viene prevista
la decadenza nel caso in cui il beneficiario dell’agevolazione trasferisca il
bene a titolo oneroso o gratuito prima del decorso del termine di cinque anni
dalla data di acquisto, fatta salva l’ipotesi di un successivo acquisto entro un
anno dalla vendita.
In tali casi gli uffici provvedono al recupero delle maggiori imposte e delle
sanzioni espressamente stabilite nella nota citata.
Sulle somme richieste si applicano gli interessi previsti dall’art. 55, comma 4,
del citato testo unico dell’imposta di registro.
Ovviamente, per quanto sopra detto, non si procede all’irrogazione delle
sanzioni ed al recupero delle imposte di registro, ipotecaria e catastale nonché
degli interessi nell’ipotesi in cui il contribuente, che ha usufruito delle
agevolazioni, proceda, entro un anno dalla vendita, all’acquisto di altro
immobile da adibire a propria abitazione principale.
A tale proposito si evidenzia come l’acquisto entro un anno dalla data di
alienazione dell’altro immobile sia posta altresì quale condizione necessaria
per poter accedere al credito.
Considerato, inoltre, che il riconoscimento del credito è subordinato alla
presenza delle condizioni di cui alla succitata nota II-bis), consegue che
nell’ipotesi di vendita entro i cinque anni dall’acquisto, per poter usufruire
del credito il contribuente deve acquisire un altro immobile agevolato da
adibire a propria abitazione principale in quanto, in caso contrario, decadrebbe
dai benefici c.d. “prima casa” e conseguentemente dal diritto al credito
d’imposta.
Esaminata la problematica relativa alla decadenza dai benefici “prima casa”, si
ritiene necessario soffermarsi sulle questioni inerenti il recupero del credito
eventualmente utilizzato ma non spettante per effetto della decadenza stessa.
L’ufficio che provvede a recuperare le imposte nella misura ordinaria e a
comminare le relative sanzioni, nel caso si concretizzi la suddetta ipotesi di
decadenza, deve altresì comunicare al contribuente la non spettanza del credito
d’imposta di cui all’art. 7, commi 1 e 2, della legge 23 dicembre 1998, n. 448,
inibendone in tal modo l’utilizzazione.
Qualora, invece, il credito fosse stato già utilizzato, l’amministrazione
finanziaria dovrà provvedere al suo recupero; in tal caso, tuttavia, non sono
dovute sanzioni non solo per mancanza di una espressa previsione nell’art. 7
della legge n. 448 del 1998 ma anche perché la fattispecie in esame non appare
riconducibile nell’attuale sistema sanzionatorio, disciplinato dai decreti
legislativi 18 dicembre 1997, nn.471, 472, e 473 e successive modifiche.
Al riguardo si possono verificare le ipotesi precisate al paragrafo 1.5.
Con riferimento al caso in cui il contribuente abbia utilizzato il credito per
il pagamento dell’imposta di registro sull’atto di acquisto che lo determina,
l’ufficio, oltre alle imposte, le sanzioni e gli interessi dovuti per la
decadenza dai benefici, deve recuperare l’importo pari alla somma non versata a
seguito dell’utilizzazione del credito, nonché gli interessi su tale importo
calcolati a decorrere dal momento della registrazione dell’atto medesimo.
Anche nell’ipotesi di utilizzo successivo del credito per l’intero importo in
diminuzione dalle imposte di registro, ipotecaria e catastale, sulle successioni
e donazioni, dovute sugli atti e sulle denunce presentati dopo la data di
acquisizione del credito (lettera a) del paragrafo 1.5), l’ufficio deve
provvedere al recupero delle minori imposte versate a causa dell’utilizzazione
del credito unitamente ai relativi interessi.
Parimenti qualora il credito sia stato utilizzato in diminuzione dell’imposta
sui redditi delle persone fisiche (lettera b) del paragrafo1.5), si provvederà,
in sede di liquidazione operata ai sensi dell’art. 36-bis del D.P.R. n.600 del
1973, al recupero delle imposte compensate con il credito non spettante a
seguito della decadenza dell’agevolazione, oltre agli interessi dovuti per
carente versamento.
È appena il caso di rilevare che, nelle ipotesi di tardivo versamento
dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale nonché sulle successioni e
donazioni, su quanto richiesto dall’ufficio per il recupero del credito
indebitamente fruito si rende applicabile la sanzione prevista dall’art. 13 del
d.lgs. n.471 del 1997.
Nelle ipotesi di utilizzo del credito per un ammontare superiore a quello
spettante, è applicabile la sanzione per ritardati od omessi versamenti dei
tributi con i quali il credito è stato compensato.
PARTE SECONDA
Disciplina della agevolazione “prima casa” ai fini delle imposte indirette
Premessa
Considerato che presupposto del credito di imposta di cui all’art. 7, commi 1 e
2, della legge n. 448 del 1998 è che il contribuente provveda ad acquisire una
casa di abitazione non di lusso, in presenza delle condizioni previste dalla
nota II-bis) all’art. 1 della tariffa, parte prima, del citato testo unico
dell’imposta di registro, si ritiene opportuno individuare i requisiti richiesti
dalla vigente normativa per poter usufruire delle agevolazioni c.d. “prima casa”
nonché dare soluzione ai numerosi quesiti pervenuti in materia.
2.1 Requisiti
La nota II-bis) sopracitata stabilisce una pluralità di requisiti, di carattere
sia oggettivo che soggettivo, necessari per usufruire delle agevolazioni
tributarie in materia di trasferimenti a titolo oneroso di case di abitazione
non di lusso.
L’agevolazione in parola, infatti, oltre ad essere subordinata alla tipologia
del bene oggetto del trasferimento (requisiti oggettivi) ha riguardo anche
all'ubicazione dell’immobile acquistato con riferimento al comune in cui
l’acquirente ha o intende stabilire la propria residenza ovvero svolge la
propria attività; alla titolarità di diritti su altra casa di abitazione da
parte dell'acquirente stesso; alla fruizione di precedenti agevolazioni per
l’acquisto della c.d. “prima casa” (requisiti soggettivi).
A tale proposito appare utile fornire alcune precisazioni.
2.1.1 Oggetto del trasferimento
Secondo il disposto della già richiamata nota II-bis), comma 1, il regime
agevolato si applica, sempre che ricorrano le condizioni previste, "agli atti
traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso e
agli atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell'usufrutto,
dell'uso e dell'abitazione relativi alle stesse".
I diritti oggetto di trasferimento devono, quindi, essere riferibili ad una casa
di abitazione non avente le caratteristiche di lusso.
Per espressa previsione normativa, inoltre, l'agevolazione si estende alle
pertinenze dell'immobile che sia stato precedentemente acquistato in regime
agevolato, purché le stesse siano classificate o classificabili nelle categorie
catastali C2, C6 e C7, limitatamente ad una sola pertinenza per ciascuna
categoria ed anche se l'acquisto venga effettuato con un atto separato (nota IIbis),
comma 3).
In ordine alla qualità della "casa di abitazione" è appena il caso di ricordare
che i criteri per determinare se sussistono o meno le caratteristiche di lusso
sono individuati dal decreto del Ministro dei Lavori Pubblici del 2 agosto 1969,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 218 del 27 agosto 1969, richiamato nell'
art. 1, comma 1, della tariffa, parte prima del testo unico dell’imposta di
registro.
Per quel che concerne le caratteristiche del bene principale trasferito, non
sussistono differenze rispetto ai chiarimenti forniti in precedenza con
circolare n. 1/E del 2 marzo1994; sotto l'aspetto negoziale, invece, il
legislatore ha ritenuto di dover minutamente esplicitare le fattispecie ammesse
a fruire dell'agevolazione tributaria, innovando rispetto alla precedente
previsione normativa.
2.1.2. Ubicazione degli immobili trasferiti
L'immobile oggetto del trasferimento agevolato deve essere ubicato, ai sensi del
comma 1, lettera a), della citata nota II bis), salvo i casi particolari
precisati dallo stesso legislatore, nel territorio del comune in cui
l'acquirente ha o intende stabilire la residenza. A tale ultimo proposito si
sottolinea che la dichiarazione di intento, consistente nella manifestazione
della volontà di stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l'immobile
acquistato, espressa nell'atto di trasferimento, costituisce vero e proprio
obbligo dell'acquirente sancito con la decadenza dalle agevolazioni; da tale
dichiarazione consegue l'onere per l’acquirente stesso di trasferire
effettivamente la residenza, entro il termine di diciotto mesi a pena di
decadenza, nel comune in cui è situato l'immobile acquistato e di darne prova
all'ufficio spontaneamente o a richiesta. Si ricorda che, anteriormente alla
modifica intervenuta per effetto dell’art. 33, comma 12, della legge 23 dicembre
2000, n. 388, il termine per il trasferimento della residenza era fissato in un
anno.
Per quanto concerne in particolare la residenza si precisa che fa fede la data
della dichiarazione di trasferimento resa dall'interessato al comune, ai sensi
dell'articolo 18, commi 1 e 2, del D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223, concernente
l'approvazione del nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente,
sempre che risulti accolta la richiesta di iscrizione nell'anagrafe.
La norma agevolativa specifica, poi, che l'acquirente può fruire delle
agevolazioni anche se non residente nel comune in cui è ubicato l'immobile
acquistato, purché svolga in quell'ambito territoriale la propria attività,
ancorché non remunerata; a tale proposito si ribadisce quanto detto nella già
richiamata circolare n.1/E del 2 marzo 1994.
Le agevolazioni spettano, inoltre, alla persona trasferita all'estero per
ragioni di lavoro che acquisti l'immobile nell'ambito territoriale del comune in
cui ha sede o esercita l'attività il soggetto da cui dipende. Al riguardo si
precisa che l'ipotesi in argomento è riferibile al solo rapporto di lavoro
subordinato - con esclusione di qualsiasi altra tipologia di rapporto - e che lo
stesso può essere instaurato anche con un soggetto che non necessariamente
rivesta la qualifica di imprenditore.
Il contribuente che sia cittadino italiano emigrato all'estero, infine, può
acquistare in regime agevolato l'immobile, quale che sia l'ubicazione di questo
sul territorio nazionale. Ovviamente l’agevolazione compete qualora sussistano
gli altri requisiti ed in particolare l’immobile acquistato deve essere la prima
casa sul territorio nazionale.
A tale proposito si osserva che il legislatore ha ampliato, solo per l’ipotesi
in questione, l’ambito territoriale nel quale è possibile acquistare in regime
agevolato senza, peraltro, prevedere l’obbligo di stabilire entro diciotto mesi
la propria residenza nel comune in cui è situato l’immobile acquistato.
2.1.3 Titolarità di diritti su immobili da parte dell'acquirente
Il comma 1, lettera b), della nota II-bis) stabilisce, quale condizione ostativa
alle agevolazioni, la titolarità esclusiva o in comunione con il coniuge dei
diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione
nel territorio del comune in cui è situato l'immobile da acquistare. Tale
disposizione esclude, quindi, l’agevolazione nell’ipotesi di titolarità di altro
immobile nel comune nel quale si acquista.
In particolare, sotto l'aspetto soggettivo, la titolarità esclusiva dei diritti
sull'immobile ad uso abitativo nell'ambito del territorio comunale è equiparata
alla titolarità in comunione con il coniuge nello stesso ambito territoriale,
escludendo l'applicazione dell’agevolazione in entrambi i casi.
Dalla stessa disposizione si evince, inoltre, che non è da considerarsi ostativa
alla fruizione dell'agevolazione la titolarità di quote su altra casa di
abitazione nell'ambito del richiamato territorio comunale (vedi casi particolari
riportati al successivo paragrafo 2.2).
Ulteriori limiti alla concessione delle agevolazioni sono quelli posti dal comma
1, lettera c), della già citata nota II-bis), la quale prevede, come causa di
esclusione dalla agevolazione, la titolarità, neppure per quote, anche in regime
di comunione legale, su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà,
usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altro immobile ad uso abitativo,
acquistato usufruendo del regime agevolato “prima casa” previsto dalle norme che
si sono succedute, richiamate nella medesima lettera c). Al riguardo si pone in
evidenza che è escluso dal trattamento agevolato il soggetto che al momento
dell'acquisto risulti titolare, anche per quote, dei diritti reali espressamente
indicati dalla stessa disposizione per i quali abbia già usufruito delle
agevolazioni c.d. “prima casa”. Di conseguenza coloro che non risultano più
titolari dei predetti diritti al momento dell'acquisto possono reiterare
l'agevolazione.
Anche in questo caso la norma equipara la titolarità esclusiva di diritti sul
bene alla titolarità in regime di comunione legale e pone, inoltre, la
comproprietà dei diritti vantati su altra casa di abitazione tra le cause di
esclusione dalle agevolazioni.
Quanto sopra comporta che il precedente acquisto agevolato effettuato da uno
solo dei coniugi in regime di comunione legale, come meglio esplicitato al punto
2.2.10, è causa di impedimento alla fruizione delle agevolazioni per ambedue i
coniugi. Comporta, inoltre, che l’impedimento sussiste per entrambi i coniugi
anche nel caso in cui uno soltanto dei due risulti titolare esclusivo dei già
richiamati diritti sugli immobili acquistati in regime agevolato e detti coniugi
procedano ad un nuovo acquisto in regime di comunione legale dei beni. Ciò in
quanto si è voluta evitare la reiterazione dell'agevolazione per il coniuge che
ne aveva già usufruito.
2.2 Soluzione di casi particolari
Premessi i principi di carattere generale, si precisa il trattamento tributario
per fattispecie ricorrenti.
2.2.1. Qualora oggetto del contratto sia l'acquisto della nuda proprietà è
previsto espressamente dalla norma che l'agevolazione tributaria possa trovare
applicazione purché in presenza degli altri requisiti.
2.2.2. Qualora oggetto dell'atto di trasferimento sia una pertinenza della casa
di abitazione acquistata usufruendo dei benefici tributari c.d “prima casa” e la
pertinenza stessa sia classificata o classificabile nelle categorie catastali
C/2, C/6 e C/7, l'agevolazione è ammessa limitatamente ad una sola pertinenza
per ciascuna categoria.
Ai fini della nozione di pertinenza occorre fare riferimento all’art. 817 del
codice civile. Considerato, quindi, che elemento caratterizzante il rapporto
pertinenziale è la destinazione di fatto, in modo durevole, di una cosa al
servizio di un’altra, si ritiene che anche nel caso in cui, ad esempio, un box
sia posto solo in prossimità dell’abitazione principale, purché risulti adibito
all’utilità della stessa, è applicabile l’agevolazione c.d. “prima casa” al suo
acquisto.
Quanto precede nella considerazione che il comma 3 della più volte citata nota
II-bis) all'art. 1 della tariffa, parte prima, del testo unico dell’imposta di
registro prevede espressamente le condizioni ed i limiti per l'applicabilità
della agevolazione all'acquisto, anche se con atto separato, delle pertinenze
“dell'immobile di cui alla lettera a)”.
Dal richiamo alla lettera a), nella quale sono dettate le condizioni per
l'applicazione dell'agevolazione all'immobile acquistato, consegue la esclusione
dal beneficio delle pertinenze relative ad un immobile acquistato in regime
ordinario.
Tuttavia l’agevolazione si rende applicabile, nei limiti sopra indicati ed alla
condizione di seguito specificata, anche quando il bene acquistato con atto
separato costituisca pertinenza di una casa di abitazione ceduta da un’impresa
costruttrice senza applicazione della specifica aliquota IVA ridotta prevista
per la c.d. “prima casa”, prima del 22 maggio 1993 (data in cui è stata
soppressa l’applicazione dell’aliquota del 4% prevista per tutte le cessioni di
abitazioni effettuate da costruttori ed è stata limitata l’applicazione di tale
aliquota alle sole ipotesi di acquisto della c.d. “prima casa”. Cfr. d.l. 22
maggio 1993, n.155, convertito dalla legge 19 luglio 1993, n.243).
In questa ipotesi l’aliquota IVA del 4% si applica alla cessione del bene
pertinenziale qualora il proprietario dell’abitazione dimostri che al momento in
cui ha acquistato l’immobile abitativo era nella situazione richiesta per
usufruire della particolare agevolazione c.d. “prima casa”.
L’esistenza di tale condizione deve essere dichiarata nell’atto di acquisto
della pertinenza e deve essere documentata su richiesta degli uffici finanziari.
Il riconoscimento del beneficio fiscale risponde alle stesse ragioni di equità
sostanziale che hanno portato a ritenere che spetti il credito d’imposta c.d.
“prima casa” nel caso in cui l’immobile alienato sia stato acquistato presso
un’impresa costruttrice senza applicazione della specifica agevolazione c.d.
“prima casa”.
Si rende opportuno precisare che l’aliquota IVA prevista per la cessione del
bene principale è comunque applicabile alla pertinenza se i due immobili sono
acquistati con il medesimo atto. Se invece i due beni vengono acquistati con
atto separato, l’aliquota prevista per l’immobile abitativo si applica alla sola
pertinenza posta al servizio della “prima casa” nelle ipotesi sopra indicate,
mentre negli altri casi la costituzione del vincolo pertinenziale resta del
tutto ininfluente per la determinazione dell’imposta.
Pertanto nelle ipotesi in cui cantine, box, soffitte, ecc, acquistati con atto
separato rispetto all’abitazione, siano pertinenze di abitazioni diverse dalla
c.d. “prima casa” oppure costituiscano pertinenze della c.d. “prima casa” al cui
servizio sono già posti altri beni immobili della medesima categoria catastale,
sono soggette alla aliquota IVA loro propria. Questa è stabilita nella misura
del 10% se l’immobile rappresenta una porzione di fabbricato a prevalente
destinazione abitativa, ai sensi della legge n. 408 del 1949, ceduta
direttamente dall’ impresa costruttrice (v. tab. A, parte III, n.127 undecies,
allegata al D.P.R. n.633 del 1972), ovvero si tratta di parcheggi realizzati ai
sensi della legge 24 marzo 1989, n.122 (legge Tognoli), e nella misura del 20%
negli altri casi .
Analoghe considerazioni valgono evidentemente, anche con riferimento ai
trasferimenti delle pertinenze soggetti all’imposta di registro.
2.2.3. Qualora l'acquisto riguardi una quota di comproprietà si può beneficiare
dell'agevolazione purché in presenza di tutti i requisiti previsti. E infatti,
oltre a non esservi una espressa esclusione normativa, è lo stesso legislatore
ad ammettere indirettamente tale possibilità al comma 1, lettera c), della
citata nota II bis) ove è previsto “che l’acquirente dichiari di non essere
titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il
territorio nazionale dei diritti di proprietà su altra casa di abitazione
acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni del presente
articolo ovvero ( ... omissis ... )”.
2.2.4. Qualora l’acquisto soggetto all’imposta di registro riguardi un immobile
non ultimato, si può beneficiare dell’agevolazione purché in presenza di tutti i
requisiti previsti (nello stesso senso si è espressa la Corte di Cassazione,
sezione tributaria, con sent. n. 9150 del 16 aprile 2000, dep. il 7 luglio
2000). Ovviamente l’ufficio competente successivamente provvederà a verificare
l’effettiva esistenza dei requisiti, compreso quello riguardante la tipologia
dell’immobile che dovrà risultare non di lusso.
2.2.5 Qualora l’acquirente sia già titolare di un immobile classificato in
catasto nella categoria A/10 (ufficio) ma di fatto adibito ad abitazione,
l’agevolazione può essere concessa.
Non ha, infatti, rilevanza l’utilizzazione di fatto diversa dalla
classificazione catastale. In osservanza dei medesimi criteri è possibile
asserire, di contro, che l’agevolazione non è applicabile nel caso in cui
l’acquirente sia titolare, nel comune dove acquista, di altro immobile
classificato o classificabile in catasto come abitazione, indipendentemente
dall’utilizzazione di fatto.
Si precisa, inoltre, che, nel caso in cui l’acquirente sia titolare su tutto il
territorio nazionale di altra casa di abitazione acquistata usufruendo delle
agevolazioni, non può godere del beneficio in parola, indipendentemente
dall’utilizzazione di fatto e dall’eventuale cambio di destinazione nel
frattempo intervenuto.
2.2.6. Qualora l'acquirente sia già titolare - in via esclusiva o in comunione
legale con il coniuge - di diritti su immobili situati al di fuori dell'ambito
territoriale del comune in cui viene operato il nuovo acquisto, non sussiste
alcun ostacolo alla fruizione del beneficio fiscale, purché gli stessi siano
stati acquistati senza usufruire dell'agevolazione c.d. “prima casa” e ricorrano
le altre condizioni volute dalla legge.
2.2.7. Qualora l'acquirente sia già titolare pro-quota su tutto il territorio
nazionale di diritti su immobili, acquisiti senza fruire delle agevolazioni, può
giovarsi del regime tributario agevolato purché ricorrano le altre condizioni.
Qualora peraltro l'acquirente sia titolare in comunione con soggetti diversi dal
coniuge, nel comune dove acquista, di diritti su di una casa di abitazione, può
avvalersi della agevolazione tributaria purché ricorrano le restanti condizioni.
Quanto precede nella considerazione che il comma 1, lettera b), della più volte
citata nota II-bis) espressamente prevede l'esclusione dall’agevolazione nel
solo caso di titolarità in comunione con il coniuge di diritti su immobili nel
territorio del comune dove si acquista. Tenuto conto che la norma non qualifica
ulteriormente la “comunione con il coniuge”, si ritiene che la stessa sia
riferibile alla comunione sia legale che convenzionale.
2.2.8. Qualora l’acquirente sia titolare di quote di diritti immobiliari su
altra casa di abitazione acquisita in regime agevolato, non può beneficiare
delle agevolazioni indipendentemente dall’ubicazione dell’immobile.
2.2.9. Qualora il titolare di una quota di diritti immobiliari, acquistata
usufruendo delle agevolazioni, proceda all’acquisto di un’ulteriore quota dello
stesso immobile, può giovarsi dell’agevolazione tributaria purché ricorrano le
altre condizioni.
Il comma 1, lettera c), della nota II-bis) più volte citata, infatti, prevede
espressamente la possibilità di usufruire della agevolazione in caso di non
titolarità “neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il
territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda
proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal
coniuge con le agevolazioni ( … )”. Sembra evidente, quindi, che il legislatore
abbia inteso agevolare esclusivamente il conseguimento della piena proprietà di
una sola unità immobiliare ad uso abitativo.
2.2.10. Qualora l’acquirente sia titolare, anche in comunione legale, di una
casa di abitazione acquistata in regime agevolato dallo stesso o dal coniuge,
non può avvalersi dell’agevolazione tributaria. Infatti tale acquisto,
estendendosi ope legis anche all’altro coniuge, comporta, nella sostanza, la
fruizione anche da parte di quest’ultimo del beneficio tributario; pertanto,
permanendo detta situazione di titolarità, per ambedue i coniugi è preclusa la
possibilità di avvalersi di nuovo dei benefici c.d. “prima casa”. Sembra chiaro
che il legislatore, quando fa riferimento ad un precedente acquisto agevolato
fatto dal coniuge, intende quello effettuato in regime di comunione di beni.
Tuttavia nel caso in cui, a seguito dello scioglimento della comunione legale,
uno dei coniugi acquisti la titolarità esclusiva della casa di abitazione già
facente parte della comunione può usufruire per detto acquisto delle
agevolazioni, sempreché ricorrano tutte le altre condizioni. Naturalmente la
precisazione non riguarda le attribuzioni di beni patrimoniali conseguenti lo
scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio (cfr circolare
n. 49/E del 16 marzo 2000).
2.2.11. Qualora due coniugi in regime di separazione abbiano acquistato,
ciascuno per proprio conto, due immobili fruendo entrambi dell’agevolazione c.d.
“prima casa” ed entro il quinquennio li rivendano ed acquistino congiuntamente
per quote, entro un anno dalla precedente vendita, un immobile da adibire a
propria abitazione principale, godono dell’agevolazione c.d. “prima casa” in
quanto la norma (comma 4 della citata nota II-bis) non esclude la possibilità di
riacquistare un immobile anche per quote.
2.2.12. L’aliquota IVA del 4%, prevista dal n. 39 della Tab. A, parte II,
allegata al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, per la prestazioni di servizi
diretti alla realizzazione di un fabbricato di cui alla legge n. 408 del 1949,
effettuata nei confronti di soggetti che svolgono attività di costruzione di
immobili per la successiva rivendita, si applica anche alle prestazioni di
servizi dipendenti da contratti di subappalto attraverso i quali l’impresa
costruttrice affida ad altri soggetti la realizzazione di parte dei lavori
relativi alla costruzione dell’edificio. Ciò in quanto l’aliquota IVA si
determina in riferimento all’appalto principale, estendendosi poi a tutti i
subappalti in ragione del fatto che questi concorrono alla realizzazione
dell’opera che il legislatore ha inteso agevolare.
2.2.13. Alle prestazioni di servizi aventi ad oggetto lavori di ampliamento
della c.d. “prima casa” si applica l’aliquota ridotta del 4% qualora il
committente dei lavori di ampliamento non possieda un’altra abitazione nel
medesimo comune, diversa da quella che va ad ampliare. In tal caso egli risulta
legittimato a dichiarare all’appaltatore di non essere titolare di diritti reali
su altra abitazione nel comune poiché la nuova realizzazione ampliativa non può
considerarsi “altra abitazione” rispetto a quella oggetto dell’ampliamento.
Resta inteso che l’agevolazione può essere applicata solo nel caso in cui i
lavori effettuati rimangano contenuti nell’ambito del semplice ampliamento.
Devono quindi ricorrere le seguenti condizioni:
- i locali di nuova realizzazione non devono configurare una nuova unità
immobiliare né devono avere consistenza tale da poter essere destinati a
costituire una nuova unità immobiliare;
- l’abitazione deve conservare, anche dopo l’esecuzione dei lavori di
ampliamento, le caratteristiche non di lusso, determinate sulla base dei
parametri dettati dal decreto del Ministero dei Lavori Pubblici del 2 agosto
1969.
-
* * * * * *
Le Direzioni regionali vigileranno sulla corretta applicazione delle presenti
istruzioni.